Abbiamo parlato di qualità, risorse, motivazione, tuttavia il talento è poco senza allenamento, senza il lavoro, senza la volontà di realizzarlo. La concretizzazione del talento richiede energia e volontà e soprattutto coraggio. Parliamo di Vincenzo Nibali tra i migliori ciclisti in attività e in assoluto degli ultimi vent’anni. Vincenzo è un ottimo scalatore, si difende bene a cronometro, si distende molto bene quando la strada si apre. In discesa è insuperabile. Preferisce salite pedalabili, dove esprimere progressione. Quando scollina (in gergo descrive la conquista di un passo di montagna e l’inizio della successiva discesa) si lancia nelle valli a 80-90 km orari con uno stile impeccabile, anzi il più velocemente possibile a Vincenzo non piacciono le cose impeccabili. A Vincenzo piace il fango della Roubaix quando staccava i migliori del tour in attesa – loro – di strade perfettamente asfaltate (siamo al Tour de France 2014). A Vincenzo piace correre, piace cogliere le opportunità in corsa, lo squalo dello stretto (Messina) intuitivo sente la corsa e tenta. Tagliato il traguardo parla di sé, della propria prestazione con trasparenza. Sembra essere molto scrupoloso nella preparazione, è molto concentrato in corsa, non lascia nulla al caso nonostante l’immenso talento. Vincenzo esprime una caratteristica rispetto alle tante a disposizione, la volontà. Parliamo della volontà, una virtù imprescindibile. Non si tratta del volere, non si tratta del dovere, della responsabilità. La volontà è il veicolo (lo strumento) attraverso il quale il talento si realizza. E’ la ferma determinazione, attraverso la quale raggiungiamo i nostri obiettivi. Meglio realizziamo i nostri talenti. Ha a che fare con il vedere e non con il volere, ovvero con la visione di sé. In sostanza la volontà le contiene tutte, dovere, responsabilità, non possiamo costruire il dovere la responsabilità aspetti fondamentali nella nostra società a partire dall’imposizione, dall’addestramento, andiamo sui talenti e queste qualità emergeranno. La volontà si esprime senza sforzo, è gioia, o qualcosa di molto simile. Difficilmente siamo insoddisfatti quando riusciamo ad esprimere questa qualità. Siamo appagati mentre lavoriamo. Descrive un processo completo nel quale ogni cosa è funzionale a quella sensazione di profonda realizzazione di sé, aderiamo al nostri sentimenti. Siamo in quello che vogliamo. Dobbiamo faticare, bisogna pedalare direbbe Vincenzo Nibali, tuttavia siamo nella nostra energia, stiamo realizzando il nostro progetto di vita, o parte di esso.
Quando i nostri studenti appaiono pigri, mancano di motivazione, quando sono disinteressati a tutto o a tanto non stanno coltivando i propri interessi. Non stanno esprimendo le loro migliori qualità, la parte autentica, profonda. Non è sempre la scuola l’ambiente nel quale si esprimono e si realizzano i propri talenti, tuttavia è il luogo dove i nostri studenti trascorrono molto tempo, dove sono condizionabili. Come educatori possiamo cavalcare interessi, curiosità, ed utilizzarli come strumenti di crescita didattica e culturale. Un interesse vero è capace di muovere le montagne. (ricordiamoci, gettiamo dei semi)
Torniamo a Vincenzo Nibali, non sembra essere preoccupato di avere o non avere le gambe. Vincenzo esprime una condizione di contagiante serenità. Vedendolo pedalare esprime concentrazione e convinzione, hai una sensazione “oggi tenterà qualcosa” o meglio “farà tutto quello che è in suo potere”. Torna la volontà. Si tratti di salite o discese lui sarà lì, e noi ad apprezzare dal comodo divano di casa. Questa volontà non contempla il fallimento, al contrario tutto diventa tentativo perché esprime i desideri del cuore (e il cuore conosce la pienezza di sé) tutto è funzionale alla crescita. Nella sconfitta, nella caduta (ricordiamo la caduta alle Olimpiadi di Rio 2016 a pochi chilometri dall’oro) Vincenzo sembra essere sereno. Vedendolo in corsa (e ascoltandolo parlare) non esiste fine (una caduta è un dispiacere ma non è la fine), solo trasformazioni. Hai una sensazione sta correndo oggi , e soltanto oggi, domani sarà un’altra corsa con altre strategie e valutazioni. Un atleta qui e ora. Questa è una differenza importante, Michael Jordan affermava “posso accettare la sconfitta , ma non posso accettare di rinunciare a provarci”. Quando non abbiamo paura della fine iniziamo a prendere dei rischi. E a realizzarci.
Conosciamo delle frasi molto belle e molto vere sull’errore citiamo “è un’opportunità di crescita”, tuttavia la verità è semplice l’errore diventa un elemento imprescindibile alla riuscita. E’ determinante. Ricordiamo l’azione reciproca come possiamo riuscire senza tentare, a volte tentare contempla l’errore. Quindi errore e riuscita sono complementari. E Vincenzo Nibali ne sa qualcosa, scivola a pochi chilometri dall’oro olimpico, perché l’esistenza ora dona ora toglie e Vincenzo in questo è straordinario è lui stesso a dirlo nel post olimpiadi.
Si ha la sensazione al di là della gioia e del dolore, che Nibali resti profondamente sé stesso, che riesca ad attraversare e soprattutto a lasciarsi attraversare da vittorie e sconfitte. Sembra passare un messaggio “non sono forte perché vinco, non sono debole perché perdo.. sono, e proprio perché sono posso vincere e perdere”. La forza deriva dall’essere e vittorie e sconfitte si poggiano su di esso (anche la scelta delle squadre dimostra il non dover vincere per forza). Siamo inclini ad attribuire a noi stessi appellativi sono un insegnante, sono un medico, sono un ciclista. Facciamo fatica a soffermarci sul “sono”, semplicemente sul “sono”, ovvero sull’essere. L’insegnante è un vestito, bellissimo, nel migliore dei casi una seconda pelle, ma non è quello che sono. Nelle tradizioni orientali nell’ultima fase della vita alcuni abbandonano il proprio nome, diventano degli inam (in sanscrito dei senza nome) tolgono l’ultimo vestito per tornare ad essere (definitivamente). Restando vicino casa, nella Grecia antica Socrate destrutturava incessantemente le convinzioni su di sé e sul mondo da parte dei propri discepoli. E Vincenzo sembra mantenere quella flessibilità dell’essere che gli consente di risalire in sella qualunque cosa accada. Siamo abituati alle grandi personalità della letteratura e della scienza da considerare poco i grandi uomini dello sport. Gli inam si spogliano del proprio nome dopo averlo riconosciuto, vissuto, accettato, dopo aver attraversato la vita nella sua pienezza. E la pienezza è il tutto (cadute in bici comprese) al servizio della conoscenza di se stessi. Quei ragazzi davanti a noi ogni mattina, prima di essere degli studenti, “sono”. E alla fine “solo se hai qualcuno con il quale condividere i tuoi successi, la gloria può sopravvivere abbastanza a lungo da trasformarsi in amore” (Vincenzo Nibali). Gambe, testa e cuore.
Commenti ( 4 )
Fabrizio says:
2 Gennaio 2019 at 20:18Volontà, sacrificio, lottare per raggiungere un obiettivo ….. parole semplici, chiare, quasi scontate. Ma oggi a queste parole la gioventù contrappone la scorciatoia, il disinteresse, l’assenza di stimoli e il racchiudere il propio essere felici nello scaricare un’applicazione sul cellulare per seguire il cantante o l’attore preferito su instagram o su YouTube. Ricordo che da bambino nel guardare il ciclismo esultavo alle imprese, partecipavo con grande enfasi è terminata la corsa inforcavo la bicicletta e correvo sognando di essere come loro. Oggi invece, i giovani vedono una partita e poi vanno sulla play station, oppure su Instagram dopo aver visionato l’enbesimo ballo stravagante, chiedono ai genitori, colpevoli ne compreso, di andare a fare acquisti per avere lo stesso accessorio. Faccio una domanda questa è una deriva? Chi può fermarla, la scuola i genitori, entrambi? Ciao fede
Federico Lattanzi says:
16 Gennaio 2019 at 16:51Ciao Fabrizio! Bellissima riflessione! Condivido la passione e l’enfasi delle tue parole.. Le bellissime storie di sport accendevano il cuore, le imprese nel ciclismo, quelle bellissime tappe di montagna durante il Giro d’Italia, muovevano il desiderio.. Oggi i nostri ragazzi desiderano poco e consumano molto, Desiderare, come dici tu, richiede misurarsi con il proprio sogno e fare tutto quello che è in nostro potere e in nostro dovere per realizzarlo. I modelli sono cambiati, noi “inforcavamo” la bicicletta oggi si naviga sui social. Non considero tutto questo una deriva, non ancora, tuttavia bisogna ricostruire significato, sarebbe bene che insegnanti ed educatori rintracciassero talenti, il talento accende il desiderio e gli strumenti culturali aiutano a realizzarli. Abbiamo bisogno di un’educazione sentimentale, conoscere se stessi muove verso la realizzazione di sè, e allora i social non saranno un fine ma un mezzo come tanti altri. Grazie ancora! A presto!
Cristian says:
4 Gennaio 2019 at 10:37Bellissimo articolo!!!
Federico Lattanzi says:
16 Gennaio 2019 at 16:52Ciao Cristian! Grazie! Mi fa piacere che l’articolo ti piaccia! Un saluto a presto!