Ogni cosa è illuminata. E’ il titolo suggestivo della trasmissione televisiva condotta da #CamilaRaznovich (tutte le domeniche in onda in prima serata su rai3), nella quale vengono trattati temi legati all’ambiente e al viaggio attraverso una tessitura suadente e una preziosa leggerezza. Trovo interessante e coinvolgente la modalità comunicativa di Camila Raznovich, stiamo parlando di divulgazione, diffondere ad ampio spettro conoscenze, curiosità, suggestioni. Ecco suggerire lasciando tracce da percorrere grazie alle quali iniziamo il nostro racconto, proseguiamo il nostro viaggio. A scuola questo si chiama approfondimento. Molte volte ne vengono promossi di molto utili e molto belli, tuttavia proviamo a pensare ad un approfondimento di natura diversa, legato a cosa risuona nei nostri studenti. Risuonare descrive un movimento di risveglio, non si tratta solo di interessi, quando una parola, una frase risuona si innesca un movimento d’apertura. Non sto dicendo che un approfondimento su Napoleone sia meno valido di un altro sui propri interessi, sono entrambi determinanti, l’uno ancora a terra, alla nostra tradizione, consente di radicarsi nella realtà. L’altro guarda verso l’orizzonte, e consente a quei piedi ancorati a terra di procedere verso i propri obiettivi, verso la propria realizzazione (qualunque essa sia). Sono complementari, come complementare è l’alternanza del respiro, il sonno e la veglia, il fare e il non fare.
E’ tutta questione di meraviglia. Una suggestione, una curiosità, a volta una sola parola suscitano meraviglia. E la meraviglia accende, consente di iniziare un viaggio. Non mettiamo in discussione la programmazione scolastica, siamo convinti come il “fuori programma” nutra la scoperta di sé e del mondo. L’informazione viene da fuori, la meraviglia è espressione di sé.
Un film approfondisce, da fuori programma, alcuni grandi temi della vita, e personalmente arriva molto meglio di un trattato di filosofia, o di una lezione accademica. Parlo di #Avatar di #JamesCameron. Considero Avatar un film illuminante. E’ sorprendente come la conoscenza possa giungere da ogni dove e in ogni momento, soprattutto da un film apprezzato ovunque. Siamo stati educati a credere che le verità, messaggi degni di importanza, conoscenza, fossero esclusiva di libri, università, decani. Non è così. Un respiro profondo scioglie tensioni che mille parole pronunciate da un lettino non possono fare. Una passeggiata restituisce quelle soluzioni che stavamo cercando da ore seduti sulla nostra scrivania. L’esistenza è semplice, molto più semplice dei nostri libri, delle nostre lezioni.
Ancora una volta una frase racchiude l’immenso: “ti vedo”. E’ come l’etimologia delle lingue antiche, una comprensione immediata. Ti vedo, vedo dentro di te, e ti riconosco, così come sei, gli indiani (dell’India) si salutano recitando la parola “Namasté”, lasciamo stare le religioni le differenze, vuol dire semplicemente saluto la tua anima, quel luogo sacro, autentico, senza se e senza ma, nel quale esisti senza condizioni (o condizionamenti). Possiamo leggere trattati di pedagogia sul come strutturare interventi educativi, ma senza riconoscere l’altro (non tutti, restringiamo il campo, parlo dei nostri studenti) servono a poco. La realtà è di nuovo più semplice delle nostre convinzioni e dei nostri strumenti. Quando nutriamo la parte autentica della persona, quando gettiamo il seme, lo nutriamo ogni giorno, lasciando il tempo della crescita, la pianta si manifesterà da sé (la migliore pedagogia). Siamo depositari di un sapere innato il quale ogni giorno tenta di guidarci verso la nostra realizzazione. A volte l’accesso a quel sapere è compromesso, difficile, bisogna tentare. E aggiungiamo, la parte autentica racchiude i nostri talenti.
I talenti descrivono il nostro essere unico, sprezzanti, risplendono di luce propria. Non si insegnano al contrario insegnano essi stessi. In un passaggio del film il protagonista nelle vesti del proprio avatar si ritrova nella giungla di notte tra bestie feroci, infuoca una torcia per vedere meglio (o credere di farlo), le bestie lo assalgono, interviene una indigena in soccorso. “Spegni la torcia spaventi gli animali”. Soccorso e salvato la ragazza prosegue “sei stupido ho dovuto uccidere perché sei stupido.. non vedi”, questo non vedere non appartiene agli occhi, appartiene al cuore nel quale proviamo empatia. Lui la insegue “insegnami” e lei “non puoi imparare se non sai vedere”, lui di nuovo “allora insegnami a vedere” e di nuovo lei “nessuno può insegnare a vedere..” E’ suggestivo quando un insegnante incontra qualcosa che non può essere insegnato, stretti nell’idea che nelle nostre classi si possa controllare il sapere o se ne possa essere depositari. L’essere sfugge al sapere e il vedere appartiene all’essere. Possiamo insegnare l’analisi logica, la risoluzione di un equazione, promuovere il libero pensiero, possiamo contribuire allo sviluppo della plasticità neurale, non possiamo insegnare l’essere. Sostanzialmente abbiamo due modalità di apprendimento l’una è merce, conoscenze e informazioni utili al lavoro, a sviluppare competenze a perseguire prestazioni (molto utili). L’altra risuona dentro, una parola, una frase, il profilo di una architettura antica, qualunque cosa, e non la stiamo imparando in questo momento, era già dentro di noi (risuona). E questo risuonare lo possiamo facilitare e accogliere, non insegnare.
Sul finire del film, il responsabile della spedizione in uno scatto d’ira nei confronti dei nativi, nell’intento di civilizzare il pianeta, afferma: “noi cerchiamo di dare loro medicine ed istruzione ma loro vogliono il fango” (fango sinonimo di propria natura). Noi facciamo un’altra cosa, diamo istruzione ai nostri studenti (necessaria) ma lasciamogli il fango. Trust the process.
Federico Lattanzi