Guardiamoli con occhi diversi è il titolo di una rubrica strutturata in quattro appuntamenti settimanali sul tema dell’adolescenza e dell’insegnamento, sulla relazione tra insegnanti e studenti, tra gli insegnanti e il proprio lavoro. Curiosità, suggestioni, visioni sono alcune delle parole chiave connesse all’ambiente scuola, dove insegnanti e studenti trascorrono buona parte delle rispettive giornate. Un luogo significativo nel quale gli studenti crescono, dall’infanzia pressoché all’età adulta. Luogo privilegiato delle relazioni, umane, generazionali. E molto altro ancora, è sorprendente quanto possa essere intensa la relazione insegnante-studente, quanto possa sollecitare la sfera emotivo-affettiva. Possiamo scegliere di mantenere con colleghi rapporti esclusivamente professionali, tagliando fuori il resto (per mille motivi), non possiamo fare lo stesso con i nostri studenti. Ognuno di noi avrà pensato almeno una volta “ma chi se ne frega!” presi dalla stanchezza, salvo tornare il giorno dopo a prendersi cura di quella relazione (a proprio modo). Gli adolescenti non possono esimersi, loro, dal dimostrare emozioni e sentimenti, dal portarsi appresso il proprio vissuto familiare, ricco di aggressività e regressività, intensità e fragilità, desiderio di essere riconosciuti, amati, accettati. Utilizzo la parola ricco poiché qualsiasi emozione, comportamento adeguato o meno raccontano pezzi di storia, una storia a volte da ricostruire, nella quale mettere ordine, e allora non possiamo rifiutare niente. Tale rubrica non ha un lettore privilegiato, considero questi temi diffusi, legati all’esistenza, alla crescita personale. Confido in un viaggio interessante, affascinante, umile senza la quale umiltà non saremmo in grado di procedere nella scoperta. Un viaggio suggestivo, a volte meraviglioso, quella meraviglia capace di strapparci dalla nostra zona di confort e proiettarci nel non conosciuto, oltre le nostre convinzioni. Nel conosciuto acquisiamo abilità e competenze (il saper stare al mondo), nel non conosciuto guadagniamo pezzi d’infinito (il saper stare nel tutto). Iniziamo con qualche suggerimento sull’adolescenza.
Lo sapevate che.. Due o tre cose da sapere sull’adolescenza.
Guardiamoli con occhi diversi, non serve cambiare la realtà davanti a noi (le nostre classi), ma trasformare il nostro modo di guardarla. Gli occhi trasmettono intenzioni, emozioni, sentimenti, e queste trasformano il mondo (davanti a noi, non esistono altri mondi). Sapere due o tre cose sull’adolescenza cambia la giornata, contiene la frustrazione, consente all’indifferenza di non prendere il sopravvento. Due o tre cose, non di più, e il resto verrà da sé. La conoscenza è di nuovo il migliore orizzonte possibile.
Partiamo dal conoscere, fonte di ogni comprensione. Siamo degli educatori, quanto è difficile essere in relazione con un adolescente, con la sua insicurezza ora espressa con aggressività ora con remissività. Con la sua inquietudine, immersa nei silenzi. Con il suo senso di ribellione a volte così arrogante. Misurarsi con l’incomprensione, quante volte capita di riprendere uno studente all’ennesimo comportamento disturbante, sempre lo stesso, e nonostante ciò egli guarda il prof incredulo (ma proprio non impara!), è veramente difficile. Forse bisognerebbe certificare l’adolescenza come un disturbo dell’età evolutiva. Naturalmente una provocazione, “gli insegnanti sono guide per temporanei non vedenti” (Alessandro D’Avenia, Corriere della Sera, rubrica “letti da rifare”), un giorno vedranno, non tutti perfettamente, non importa. “Trust the process”, fiducia, avere fiducia nel processo asserisce Joel Embiid, giocatore di basket nba (Philadelphia Seventy Sixers), nel descrivere il percorso di crescita della propria squadra, come dire non vi preoccupate tutto quello che viviamo in campo fa parte della nostra crescita non si butta niente, e dell’adolescenza neanche, il processo continua. Proviamo a considerare il disordine (comportamentale e d’apprendimento) nelle nostre classi, in alcuni dei nostri studenti, come principio d’un processo di crescita, ad apprezzare i micro miglioramenti. Proviamo ad attivare percorsi di conoscenza e ad avere fiducia, fiducia nel proprio lavoro. La fiducia non investe sui risultati, coltiva la persona.
Adolescenza significa crescere, è quel tratto dell’età evolutiva caratterizzato dalla transizione dallo stato infantile a quello dell’individuo adulto, (e allora coltivare diventa un’azione determinante). Un periodo caratterizzato da molti cambiamenti nell’aspetto fisico e nell’assetto psicologico (e tali cambiamenti possono mettere a dura prova). Una vera e propria nascita ad una nuova fase della vita. Difficoltà a comprendere le proprie emozioni, un aprirsi al mondo pieno di incertezze. Un periodo di conflitto con l’autorità alla ricerca della propria identità (attraverso l’uccisione simbolica dei genitori, e aggiungerei delle proprie guide, insegnanti, educatori), caratterizzato dall’essere in competizione con i pari, tutto viene messo in discussione. Ricerca di riferimenti, a volte effimeri (moda, spettacolo), rifiuto dei riferimenti tradizionali (genitori). Volubilità emotiva, mancanza di coerenza. Sono tratti comuni all’adolescenza senza i quali l’età adulta non potrebbe realizzarsi.
La famiglia, nel migliore dei casi, da luogo degli affetti assoluti e indiscutibili, da luogo di protezione e riconoscimento reciproco, diviene spazio della conflittualità alla ricerca della propria individualità. Meglio il fuori, è sempre meglio qualcos’altro, qualunque cosa. Siamo inclini a trattare i nostri studenti da adulti, tuttavia non lo sono, non ancora. Abbiamo aspettative in merito ai loro comportamenti, alla loro capacità di comprendere i contesti, di essere pertinenti sempre. Perdiamo la pazienza di fronte ai disturbi, oggi diffusi, del comportamento. Ricordiamo di avere davanti un adolescente, quella fase lunga anni che accompagna i nostri studenti dall’età dell’infanzia nella quale amano senza condizioni i propri genitori, all’età adulta nella quale quei genitori, se il viaggio è andato bene, avranno imparato a riconoscere come persone. Nel mezzo avranno saggiato tutto lo spettro delle emozioni, dalla rabbia alla gioia, dalla paura alla tristezza, avranno messo in discussione tanto, e sarà servito tutto. L’adolescenza è un processo naturale, serve a diventare adulti. Conoscere questo consente di riconoscere disagi personali nei nostri studenti, nonché dinamiche relazionali non funzionali al benessere del singolo e del gruppo. Soprattutto consente di lasciare il tempo della crescita. E, aggiungiamo, il tempo delle proprie responsabilità, tuttavia facciamo attenzione quando uno studente non è in grado di sopportare responsabilità adeguate alla sua età, misuriamo le nostre richieste, partiamo dalla relazione, bambini e adolescenti vogliono essere apprezzati e riconosciuti. Costruita una buona relazione possiamo arricchire il nostro progetto didattico-educativo.
Strutturare una relazione significativa non è scontato, non tutti siamo inclini, nei casi difficili bisogna mettere in gioco molte parti di sé. Tuttavia dare significato restituisce significati. Joyce scriveva “la vita è come un’eco se non ti piace il messaggio che ti rimanda, devi cambiare il messaggio che invii”. Si tratta di fare un tentativo, guardare con occhi diversi vuol dire cambiare il messaggio che inviamo, mettersi in discussione. E mettersi in discussione non vuol dire cambiare tutto, ma soltanto una nota e vedere se la nostra giornata diventa più intonata, e il giorno dopo un’altra nota e vedere cosa succede, e così via. E improvvisamente potrebbe sopraggiunge la bellezza, la qualità del tempo trascorso in classe potrebbe migliorare, a volte bisogna soltanto arrendersi.
E’ vero, abbiamo bisogno di risorse umane, di risorse economiche. Abbiamo bisogno di compresenze, di programmare gli interventi educativi, tuttavia, guardiamoli con occhi diversi, potremmo restare sorpresi. “Trust the process”.
Federico Lattanzi